La Tunisia volge lo sguardo ai BRICS?
La Tunisia si rivolgerà ai Brics?
Questo il lecito interrogativo che il NordAfrica e l'Europa si stanno ponendo.
E lo fanno a maggior ragione a seguito delle affermazioni rilasciate nel corso di una conferenza stampa di Mahmoud Ben Mabroul, portavoce del movimento del 25 luglio, sostenitore del presidente tunisino, Kais Saied.
Proprio Ben Mabroul, infatti, ha sostenuto che per uscire dall'attuale crisi, la Tunisia intende rivolgersi al gruppo dei Brics (formato da Brasile, Russia, Cina Russia e Sudafrica) e aderire all'iniziativa cinese della Belt and Road Initiative.
Secondo il portavoce del movimento del 25 luglio, sarebbero in corso le trattative, avviate a seguito della “delusione” del comportamento dell'Unione Europea.
Le dichiarazioni di Ben Mabroul, fanno eco a quelle ufficiali rese da Saied lo scorso 6 aprile in occasione della sua visita a Monastir per le celebrazioni del 23° anniversario della morte Habib Bourghiba.
Saied, infatti di fronte alle domande poste dalla stampa che gli chiedeva se avrebbe o meno firmato l'accordo con il Fondo Monetario Internazionale per il prestito da 1,9 miliardi di dollari, era stato categorico definendo “inaccettabili i dettami imposti alla Tunisia dall’esterno, che rischierebbero di provocare un ulteriore impoverimento del Paese”, ribadendo come il Paese non fosse in vendita.
D'altronde a fronte dell'erogazione del prestito, consistente in un finanziamento esteso di 48 mesi dal valore di circa 1,9 miliardi di dollari per sostenere il programma di riforma economico del governo, l'FMI richiede tagli alla spesa pubblica che andrebbero a impattare anche su sanità e istruzione, la privatizzazione di aziende pubbliche tunisine, lo stop alle sovvenzioni per beni di prima necessità e carburante; tutte misure impopolari che anche le opposizioni politiche a onor del vero farebbero fatica a sostenere.
In una Tunisia in piena crisi economica, con un numero altissimo di poveri e disoccupati, afflitta da dall'inflazione e travolta dall'esplosione dell'emigrazione (autoctona e non), dunque tradizionali inquadramenti geopolitici e alleanze storiche, rischiano così di essere stravolti.
Resta ora da capire quanto tali affermazioni rese da Ben Mabroul siano solide e non solo un modo per far pressione all'Italia, all'Unione Europea e agli Usa e per il loro tramite al Fmi e quanto inoltre, in un paese legato a doppio filo con la Francia in virtù del legame post-coloniale, un serio percorso di avvicinamento ai Brics e dunque di allontanamento dal blocco occidentale, sia consentito da quest'ultimo senza interferenze esterne.