Decarbonizzare insieme: da oggi è possibile, grazie alle Comunità Energetiche Rinnovabili
Le Comunità Energetiche promuovono anche l’economia circolare, perché gli impianti vengono tipicamente realizzati su terreni industriali inutilizzati, che trovano in questo modo una nuova funzione. Ed è anche una grande opportunità di sostegno e rilancio alla crescita delle Piccole e Medie Imprese, che possono trovare un ruolo nello sviluppo, realizzazione, esercizio e manutenzione degli impianti rinnovabili, a vantaggio del tessuto industriale ed occupazionale del territorio in cui operano.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello innovativo di produzione e di gestione delle risorse energetiche, con l’obiettivo di contribuire alla transizione verso l’energia pulita e alla riduzione delle emissioni inquinanti. Attraverso le CER, grazie alla collaborazione con altre persone o con imprese e amministrazioni, è possibile contribuire in maniera attiva alla produzione, alla condivisione e allo stoccaggio dell’energia. Insomma, meno sprechi, a favore di un modello innovativo di gestione dell’energia che stimola anche la coesione della comunità territoriale.
È necessario vivere in uno stesso palazzo per condividere l’energia?
Il Decreto Milleproroghe del 2019, che ha introdotto in Italia le CER, ha aperto le porte al concetto di autoconsumo collettivo. Inizialmente l’ambito di condivisione era quello della cabina elettrica secondaria secondo un principio di prossimità fisica, ossia era necessario vivere nello stesso edificio o nello stesso stabile. Inoltre, la potenza massima complessiva dell’impianto alimentato a fonti rinnovabili era pari a 200 chilowatt; quindi, erano ammessi solo impianti di piccola dimensione.
Con il decreto legislativo 199 del 2021 si è andati oltre questa normativa: è stata introdotta la possibilità di salire fino a 1 megawatt di potenza per ogni singolo impianto, raggiungendo capacità energetiche paragonabili a quelle industriali. Allo stesso tempo, l’ambito di condivisione si è spostato sulla cabina elettrica primaria: di conseguenza è diventato possibile condividere l’energia tra quartieri, cittadini diversi, o persino tra piccoli Comuni limitrofi. Quindi, a oggi, non è più necessario vivere nello stesso palazzo per condividere l’energia, e nemmeno si deve per forza essere in edifici vicini. L’idea di base degli aggiustamenti alla normativa, infatti, è di favorire il coinvolgimento attivo dei cittadini, così da rendere sempre più efficiente il sistema di condivisione dell’energia.
Dove si può realizzare l’impianto per produrre energia?
L’elemento fondamentale di una CER è la presenza di un impianto di piccola o media taglia, generalmente di tipo fotovoltaico, in grado di produrre energia. Oltre ai limiti di potenza (prima 200 kW e poi 1 MW) di queste centrali, è necessario che l’area di installazione sia in prossimità dei consumatori, cioè nello stesso Comune o nello stesso quartiere (a seconda dell’area di riferimento). Per esempio, sono molto indicati a questo scopo i terreni industriali in disuso che si trovano nelle zone periferiche dei centri abitati: sono di dimensioni sufficienti per ospitare un impianto e posseggono quasi sempre i requisiti normativi necessari, sia per quanto riguarda le connessioni alla rete elettrica sia per la sicurezza.
È bene precisare che la condivisione dell’energia autoprodotta deve avvenire attraverso la rete di distribuzione elettrica, in maniera tale da poter contribuire direttamente al fabbisogno energetico del paese. Anche se può sembrare contraddittorio, l’impianto energetico può non essere direttamente di proprietà della Comunità, ma deve essere messo a disposizione da uno dei suoi membri o da un soggetto terzo. Inoltre, si possono sfruttare anche impianti da fonti rinnovabili già esistenti al momento dell’entrata in vigore del D. Lgs 199/2021, ma questi possono contribuire solo fino a un massimo del 30% della potenza complessiva.
Quali sono i vantaggi delle comunità energetiche?
Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nella stessa area geografica attraverso un impianto che sfrutta le risorse rinnovabili permette di ridurre gli sprechi e abbassare i costi per la gestione e il trasporto dell’energia. Tutto questo risulta particolarmente funzionale su un territorio come quello italiano, caratterizzato dalla presenza di tanti piccoli Comuni che condividono le stesse risorse e che già oggi presentano numerosi impianti privati o di piccola taglia. Negli anni, sommando fra loro le quantità di energia che saranno prodotte all’interno delle piccole comunità locali, si potrà contribuire fattivamente al progressivo abbandono dei combustibili fossili.
Per questi motivi sono stati introdotti incentivi economici da parte dello Stato, per stimolare i cittadini a diventare produttori attivi di energia. È bene precisare che gli incentivi saranno erogati sia sull’energia immessa nella rete nazionale sia su quella condivisa tra i membri della comunità, e riguardano gli impianti di tutte le dimensioni e potenze (da pochi chilowatt fino a 1 MW).
Il circolo virtuoso innescato dalle CER è favorito anche dallo sviluppo di software di intelligenza artificiale che migliorano le performance di gestione energetica della comunità, dal monitoraggio dei consumi fino all’ottimizzazione del bilanciamento attraverso la flessibilità di rete e la gestione delle risorse. Il tutto determina benefici ambientali, economici e sociali, anche attraverso una rivalutazione del territorio che parte proprio dalla risorsa energetica. In questo modo Anche aree o suoli che originariamente erano destinati ad un uso industriale poco sostenibile, trovano una nuova collocazione virtuosa nel processo di transizione energetica cui tutti noi siamo chiamati.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello innovativo di produzione e di gestione delle risorse energetiche, con l’obiettivo di contribuire alla transizione verso l’energia pulita e alla riduzione delle emissioni inquinanti. Attraverso le CER, grazie alla collaborazione con altre persone o con imprese e amministrazioni, è possibile contribuire in maniera attiva alla produzione, alla condivisione e allo stoccaggio dell’energia. Insomma, meno sprechi, a favore di un modello innovativo di gestione dell’energia che stimola anche la coesione della comunità territoriale.
È necessario vivere in uno stesso palazzo per condividere l’energia?
Il Decreto Milleproroghe del 2019, che ha introdotto in Italia le CER, ha aperto le porte al concetto di autoconsumo collettivo. Inizialmente l’ambito di condivisione era quello della cabina elettrica secondaria secondo un principio di prossimità fisica, ossia era necessario vivere nello stesso edificio o nello stesso stabile. Inoltre, la potenza massima complessiva dell’impianto alimentato a fonti rinnovabili era pari a 200 chilowatt; quindi, erano ammessi solo impianti di piccola dimensione.
Con il decreto legislativo 199 del 2021 si è andati oltre questa normativa: è stata introdotta la possibilità di salire fino a 1 megawatt di potenza per ogni singolo impianto, raggiungendo capacità energetiche paragonabili a quelle industriali. Allo stesso tempo, l’ambito di condivisione si è spostato sulla cabina elettrica primaria: di conseguenza è diventato possibile condividere l’energia tra quartieri, cittadini diversi, o persino tra piccoli Comuni limitrofi. Quindi, a oggi, non è più necessario vivere nello stesso palazzo per condividere l’energia, e nemmeno si deve per forza essere in edifici vicini. L’idea di base degli aggiustamenti alla normativa, infatti, è di favorire il coinvolgimento attivo dei cittadini, così da rendere sempre più efficiente il sistema di condivisione dell’energia.
Dove si può realizzare l’impianto per produrre energia?
L’elemento fondamentale di una CER è la presenza di un impianto di piccola o media taglia, generalmente di tipo fotovoltaico, in grado di produrre energia. Oltre ai limiti di potenza (prima 200 kW e poi 1 MW) di queste centrali, è necessario che l’area di installazione sia in prossimità dei consumatori, cioè nello stesso Comune o nello stesso quartiere (a seconda dell’area di riferimento). Per esempio, sono molto indicati a questo scopo i terreni industriali in disuso che si trovano nelle zone periferiche dei centri abitati: sono di dimensioni sufficienti per ospitare un impianto e posseggono quasi sempre i requisiti normativi necessari, sia per quanto riguarda le connessioni alla rete elettrica sia per la sicurezza.
È bene precisare che la condivisione dell’energia autoprodotta deve avvenire attraverso la rete di distribuzione elettrica, in maniera tale da poter contribuire direttamente al fabbisogno energetico del paese. Anche se può sembrare contraddittorio, l’impianto energetico può non essere direttamente di proprietà della Comunità, ma deve essere messo a disposizione da uno dei suoi membri o da un soggetto terzo. Inoltre, si possono sfruttare anche impianti da fonti rinnovabili già esistenti al momento dell’entrata in vigore del D. Lgs 199/2021, ma questi possono contribuire solo fino a un massimo del 30% della potenza complessiva.
Quali sono i vantaggi delle comunità energetiche?
Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nella stessa area geografica attraverso un impianto che sfrutta le risorse rinnovabili permette di ridurre gli sprechi e abbassare i costi per la gestione e il trasporto dell’energia. Tutto questo risulta particolarmente funzionale su un territorio come quello italiano, caratterizzato dalla presenza di tanti piccoli Comuni che condividono le stesse risorse e che già oggi presentano numerosi impianti privati o di piccola taglia. Negli anni, sommando fra loro le quantità di energia che saranno prodotte all’interno delle piccole comunità locali, si potrà contribuire fattivamente al progressivo abbandono dei combustibili fossili.
Per questi motivi sono stati introdotti incentivi economici da parte dello Stato, per stimolare i cittadini a diventare produttori attivi di energia. È bene precisare che gli incentivi saranno erogati sia sull’energia immessa nella rete nazionale sia su quella condivisa tra i membri della comunità, e riguardano gli impianti di tutte le dimensioni e potenze (da pochi chilowatt fino a 1 MW).
Il circolo virtuoso innescato dalle CER è favorito anche dallo sviluppo di software di intelligenza artificiale che migliorano le performance di gestione energetica della comunità, dal monitoraggio dei consumi fino all’ottimizzazione del bilanciamento attraverso la flessibilità di rete e la gestione delle risorse. Il tutto determina benefici ambientali, economici e sociali, anche attraverso una rivalutazione del territorio che parte proprio dalla risorsa energetica. In questo modo Anche aree o suoli che originariamente erano destinati ad un uso industriale poco sostenibile, trovano una nuova collocazione virtuosa nel processo di transizione energetica cui tutti noi siamo chiamati.